Queste mani ora si tendono.
E sono veramente tante.
Quasi troppe mi verrebbe da dire; ma siamo molto più parchi e onesti con noi stessi da ricordarci che il troppo non sta qui di casa.
E queste mani adesso tante e tese di sforzo in allungo, accarrezzano e strattonano, lisciano e stringono, spingono e trattengono.
Proprio ora che di moto e inerzia mi muovo verso quei vertici d'equilibrio docili e rilassati, movimenti rotatori di mani nuove creano onde e vortici sul piano lucido e metallico dell'acqua rosa striata d'argento.
Non esiste un momento in cui serve avere un moto esterno che ti spinga. Esistono solo le occorrenze immanenti che devono fare da motore e energia assieme, come un astro che si consuma ma procede splendente la sua rotta nell'ignoto.
Se poi di rimando si possa dar luce anche a quelle mani calde e frementi, si allargherebbe un placido sorriso a coronare la via che ti precede.
sabato 14 giugno 2008
Forse nel vuoto almeno un rombo
Pubblicato da V. alle 10:10
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1 commento:
nn ci credo. non ci credo più:
alle mani che si allungano.
alle mani che lisciano.
e il moto esterno a volte si fa tempesta e terremoto.
nn ci credo e i parchi sono belli d'alberi e giardini, non noi.
non ci credo, ecco.
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